
Ti amo, ti mento: la sottile linea tra intimità e illusione
Nell’articolo di oggi ti propongo un analisi psicologica di un film “Closer” (2004), il film di Mike Nichols tratto dall’omonima pièce teatrale di Patrick Marber, che tutti dovrebbero vedere almeno una volta nella vita e che spero possa essere un utile spunto di riflessione sulle relazioni adulte.
“Closer” — Tra verità, desiderio e illusione: uno sguardo psicologico sulle relazioni adulte
“Sei mai stato innamorato?”
“Sì.”
“È stata una bugia?”
“No.”
“E questa è la verità?”
“No. È una bugia.”
Così si snodano le battute taglienti e sferzanti di “Closer” (2004), film diretto da Mike Nichols con un cast stellare — Natalie Portman, Jude Law, Julia Roberts e Clive Owen — che mette a nudo la complessità delle relazioni sentimentali tra verità, menzogne e desideri inconfessabili.
Il triangolo che diventa quadrato: l’instabilità delle relazioni fluide
“Closer” ci racconta la storia di due coppie intrecciate in un gioco di seduzione, tradimenti e riconquiste che si sviluppa lungo diversi anni. Il film esplora in modo crudo e senza sconti le dinamiche tipiche delle relazioni contemporanee: instabilità, idealizzazione, frustrazione, incapacità di costruire un legame saldo e, soprattutto, una profonda difficoltà a comunicare autenticità.
Dal punto di vista psicologico, possiamo osservare la continua oscillazione tra attaccamento e distacco, elementi che risuonano con la teoria dell’attaccamento di John Bowlby. I personaggi manifestano tutti tratti di attaccamento insicuro: oscillano tra il bisogno di essere amati e la paura di essere rifiutati. Le loro scelte affettive sono segnate da impulsività, gelosia e ambivalenza — tutti sintomi di una difficoltà a sostenere l’intimità emotiva, quella che Daniel Siegel definirebbe come la sintonizzazione empatica mancante.
Verità e bugie: la ricerca impossibile della trasparenza
Il titolo stesso — Closer — ci parla di un’ambivalenza: il desiderio di avvicinarsi (to get closer) e il rischio di essere feriti nel momento in cui l’altro diventa trasparente ai nostri occhi. Tutti i protagonisti si confrontano continuamente sulla verità, la pretendono dall’altro per avere controllo, ma al contempo la rifiutano perché troppo dolorosa.
Dal punto di vista clinico, questa dinamica ci rimanda al concetto di “giochi psicologici” descritto da Eric Berne nella Analisi Transazionale. I personaggi sembrano impegnati in un continuo scambio di ruoli: vittima, persecutore, salvatore. La relazione diventa una partita a scacchi in cui ogni mossa è motivata non da un’autentica connessione, ma dal bisogno di prevalere o di non sentirsi vulnerabili.
L’illusione romantica e la paura della noia
Un altro tema centrale è l’idealizzazione dell’amore. I personaggi si innamorano più dell’idea dell’altro che della sua reale essenza. Questo meccanismo è ben descritto in psicologia dal concetto di proiezione: carichiamo l’altro delle nostre aspettative e fantasie, salvo poi disilluderci quando emergono i limiti reali.
Allo stesso tempo, il film evidenzia una paura della stabilità, spesso confusa con la noia. In un mondo relazionale dominato dal desiderio di emozioni forti e novità costanti — quello che Zygmunt Bauman definirebbe amore liquido — la durata e la profondità vengono spesso sacrificate in nome di passioni effimere.
Uno specchio per lo spettatore
Guardare “Closer” può risultare disturbante perché ci mette davanti alla possibilità che, in alcune fasi della vita, abbiamo agito o subito le stesse dinamiche. È un film che sollecita una riflessione scomoda: quanto siamo disposti a vedere veramente l’altro, e quanto preferiamo vedere solo quello che vogliamo?
In psicoterapia, aiutare una persona a costruire relazioni più sane significa anche accompagnarla in un percorso di consapevolezza sulle proprie modalità relazionali: schemi di attaccamento, aspettative irrealistiche, gestione della frustrazione. “Closer” è una rappresentazione estrema ma veritiera di cosa accade quando questi elementi restano inconsci e incontrollati.
I protagonisti di Closer: profili psicologici
1. Dan (Jude Law)
– Il seduttore insicuro
Dan è un uomo brillante e affascinante, ma profondamente insicuro. Dietro il suo bisogno costante di sedurre e ricevere conferme si nasconde una bassa autostima e una struttura affettiva di attaccamento ansioso. Cerca approvazione attraverso lo sguardo e il desiderio degli altri, ma una volta ottenuta si annoia e si distrae facilmente. Questo lo porta a tradire e a mentire con leggerezza, incapace di sostenere la profondità di un legame autentico.
Dal punto di vista psicodinamico, Dan oscilla tra idealizzazione e svalutazione dell’oggetto d’amore, tipico delle personalità borderline o narcisistiche (in forma subclinica).
2. Alice (Natalie Portman)
– L’eterna sfuggente
Alice è il personaggio più enigmatico. Appare fragile e innocente, ma custodisce un forte desiderio di autonomia e una tendenza a mimetizzarsi per non essere ferita. La sua modalità relazionale ricorda un attaccamento evitante, con tratti dissociativi: non rivela mai completamente la propria identità (perfino il suo vero nome rimane ambiguo).
Alice vive l’amore come un rischio costante di dissoluzione del sé, quindi alterna prossimità e fuga, creando confusione e frustrazione nei partner. La sua vulnerabilità la rende empatica, ma anche elusiva.
3. Anna (Julia Roberts)
– L’indecisa affettiva
Anna è una donna matura e apparentemente stabile, ma emotivamente divisa. È attratta dalla sicurezza e dalla dolcezza di Dan, ma anche dalla passionalità ruvida di Larry. La sua difficoltà a scegliere e a mantenere una coerenza nei legami rivela un conflitto intrapsichico tra desiderio di stabilità e ricerca di eccitazione.
Anna mostra tratti di ambivalenza affettiva, derivanti probabilmente da esperienze precoci di legami inconsistenti. È empatica, ma manipolativa senza volerlo: finisce per ferire chi le sta accanto con i suoi ripensamenti continui.
4. Larry (Clive Owen)
– Il possessivo vendicativo
Larry è il personaggio più diretto e viscerale. Non ha paura della verità, ma la usa come arma. Dietro la sua mascolinità aggressiva si cela una ferita narcisistica: teme l’abbandono e la perdita di controllo. Quando si sente tradito, diventa vendicativo e crudele, manifestando tratti di attaccamento disorganizzato.
Larry fatica a tollerare l’incertezza e risponde alla frustrazione con comportamenti di dominanza e umiliazione dell’altro, tipici di una difesa narcisistica reattiva. Tuttavia, la sua brutalità cela un bisogno disperato di essere amato senza condizioni.
Nota clinica:
Tutti e quattro i personaggi incarnano schemi disfunzionali che emergono in relazioni caratterizzate da alta intensità emotiva ma bassa sicurezza. In termini di psicologia delle relazioni, si potrebbe dire che “Closer” rappresenta un laboratorio di studio sulle relazioni disfunzionali tra adulti con stili di attaccamento insicuro.
Dalla consapevolezza alla responsabilità
Se c’è un messaggio che possiamo trarre da “Closer”, è questo: desiderare l’intimità senza essere disposti a mostrarci vulnerabili è una contraddizione insanabile. Solo un lavoro consapevole su di sé — come suggeriscono le psicoterapie di orientamento relazionale — può permettere di creare legami basati su autenticità, rispetto e fiducia.
In fondo, come dice Alice/Natalie Portman in una delle ultime scene: “La verità è che non ti amo più. E’ tutto qui.”
A volte, l’unica forma di amore autentico è la verità.

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